Tortoli, Campo Sportivo: 30-09-1996

 

Review L'Unione Sarda — 01 ottobre 1996

VASCO A TORTOLI, FESTA PER DODICIMILA

La grinta, l'energia, il carisma. Sul gigantesco palco, sciabolate di luci stroboscopiche, effetti speciali, suono nitido e potente. Vasco Rossi non s'è risparmiato neppure nell'ultima tappa del suo lungo e faticoso tour, ieri notte a Tortolì. Dodicimila persone l'hanno atteso e applaudito in una atmosfera da megashow. Certo, gli organizzatori s'aspettavano più fans nello stadio comunale della cittadina ogliastrina, la prevendita era andata abbastanza bene (8.500 tagliandi venduti), ma la scelta del giorno feriale per il concerto deve aver frenato moltissimi giovani sardi, alle prese con problemi di scuola e lavoro il giorno dopo. Nel conto totale delle presenze vanno messi però molti 'portoghesi' autorizzati: un'ora dopo l'inizio del concerto, verso le 22,15, mentre l'organizzazione vendeva ancora biglietti, è giunto l'ordine della polizia di aprire i cancelli, su decisione della prefettura.Vasco non ha comunque deluso chi ha voluto partecipare alla festa, anche se è mancato il calore delle folle straripanti a cui è abituato, soprattutto in questo ultimo trionfale tour.All'inizio il Blasco ha sciorinato i pezzi nuovi, più intimisti, non ancora 'digeriti' dal pubblico. Poi, quando sono arrivati i 'cavalli di battaglia' di Vasco, i fans si sono scatenati. Due ore di spettacolo sono volate via, col pubblico in piedi, lumi accesi e fruste fosforescenti a far da cornice ai colori del palco. Finale in crescendo con un omaggio a Battisti ('Motocicletta 10 HP') e la trascinante 'Alba chiara'. Vasco ha salutato insieme al suo staff il pubblico sardo e, poco prima di mezzanotte, in perfetto orario da Cenerentola, la folla è andata via ordinata. Esausta ma contenta.

Review L'Unione Sarda — 02 ottobre 1996

BOLLICINE ROCK, EMOZIONI D'AUTORE

Rossi, come lo chiamano gli uomini del suo staff, lassù, sul quel palco monumentale daunmiliardosettecentomilioni appare piccino. Ma il suo più che un palco sembra l''Enterprise': 1500 riflettori colorati, 900 KW di corrente, 200.000 watt di potenza sonora (per avere una misura basti pensare che Baglioni, a Cagliari, ne ostentava 70.000) distribuita dalle alte torri che reggevano le casse acustiche, hanno trasformato il 'campo sportivo', come lo chiamano da queste parti, in un enorme caleidoscopio di colori e di suoni.

E il signor Rossi, giubbetto viola con il suo 'logo' sulle spalle, seguito a vista da tre enormi fari 'cercapersone' si muove frenetico all'interno dell'immenso fiore dai colori cangianti, senza risparmi, senza infingimenti, senza ruffianerie. Non parla granché, giusto qualche saluto col pubblico, e manda a ruota le sue canzoni, una dietro l'altra. Quelle nuove, già nella testa dei fans ma ancora troppo recenti per trovare ospitalità nel loro cuore, accanto alle leggendarieBollicine, Vita spericolata, Alba Chiara . E, in linea con i suoni del nuovo album, Vasco Rossi nella scaletta sembra privilegiare i brani più robusti del suo repertorio. Sembra quasi che Vasco Rossi voglia mettere il suo sigillo sul 'fare rock' in Italia, pur in ambito mainstream e popolare. Lo fa con un apparato scenico e sonoro di gran livello, ma soprattutto con una scelta attenta e oculata della scaletta. Fuori, quindi e senza appello, le ballate più melense e adolescenziali e giù con l'acceleratore a fondo corsa, a rendere parossistica e durissima la maggior parte delle versioni.

Senza parole comincia con un 'intro' di chitarra acustica e si sviluppa con un pieno orchestrale che pare non finire mai,Colpa d'Alfredo , un vecchio cavallo di battaglia, s'irruvidisce nel lungo e libero 'a solo' di sax,Gli spari sopra, C'è chi dice no e Delusa (un brano sull'ambiente 'merolone' ante litteram) sono veloci, pesanti e dai toni che sconfinano a lungo nei territori hardrock. Complice sicuramente una formazione quadrata (chi si rivede: Massimino Riva alla chitarra) con una sezione ritmica che ha in Dean Castronovo, già batterista con Ozzy Osbourne, l'elemento propulsore.

Solo una breve pausa (Blasco si rilassa qualche minuto nel divanetto del camerino), proprio nel momento in cui la polizia rinnova la brutta abitudine di far entrare tutti. Momenti di incertezza, la minaccia di far interrompere il concerto per protesta da parte di qualche promoter. Manco il tempo di dirlo e Vasco Rossi è di nuovo sul palco, pimpante più di prima. La ripresa è tutta per le sue canzoni-inno, quelle che più di altre hanno lasciato il segno in più d'una generazione: Vivere è suonata in acustico, poi c'è la citata Bollicine, il binomio del periodo più trasgressivo Siamo solo noi e Vita Spericolata e, introdotta da due accordi di Alba Chiara (la eseguirà dopo, ma l'accenno ha fatto impazzire il pubblico), Il tempo di morire di Lucio Battisti. Sì, prorpio quella di 'motocicletta, 10 HP, tutta cromata... ' che pare diventata una citatazione d'obbligo per i rocker di casa nostra. Tutto bene? Sì, tra la gente circolava molta emozione. Anche se qualche fan della prima ora ricorda un concerto a Cagliari 'più pirotecnico'. Chissà.

Certo è che Vasco Rossi ha occupato, anni fa, uno spazio nella scena musicale italiana che era vuoto. Con qualche clichè ma anche molta naturalezza. E oggi è ancora lì, ormai inattacabile dai gusti e dalle mode. La gente è con lui, lo segue e premia la sua spontanea coerenza. Questa, a Tortolì, era l'ultima data del lungo tour, l'unica data sarda e, come pare sia tradizione nel 'circus' del cantante emiliano, band ed entourage per finire in bellezza combinano scherzi, cattivissimi, tra loro. Anche e soprattutto sul palco, ma facendo finta di nulla. Ecco allora la schiuma da barba che tappa un occhio a tradimento, ecco il peperoncino sul microfono e nell'acqua di Clara, la corista, ecco gli oggetti più strani infilati nelle tasche dei giubbotti, ecco i giochi tra i musicisti. In un clima tanto ridanciano che quando un ragazzo del pubblico è salito sul palco, 'Roccia', il corpulento guardaspalle di Rossi, non è intervenuto subito perché ha pensato fosse una delle tante invenzioni scherzose .E così si è consumato un rito nel rito.

Oltre a quello del concerto, dei fans con le magliette, le bandane e gli striscioni, degli immancabili autografi, delle foto col proprio beniamino.Che si concede senza tante storie. Confermando l'impressione che ha dato sul palco: il rocker nato in un paesino dell'Emilia («È di Zocca - dicono i suoi ridendo - quindi è un montanaro cocciuto e testardo»), dopo anni di dischi e tournée, ha ancora tanta passione ed entusiasmo, come un esordiente alle prime armi. E quello che fa lo diverte da morire.

- PINO CADEDDU