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Imola, Autodromo Enzo Ferrari -
Heineken Jammin' Festival: 20-06-1998
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Curiosità
concerto
- Durante l'esecuzione
di "SIAMO SOLO NOI" a Vasco gli
cade il microfono.
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Playlist
Quanti anni hai
Sballi ravvicinati del 3°tipo
Valium
e il mattino
Rewind
Nessun pericolo...per te
Blasco
Ormai è tardi
...Stupendo
Medley acustico
Jenny è pazza
Sally
L'una per te
Senza parole
gli angeli
Vivere
Siamo solo noi
Mi si escludeva
Gli spari sopra
Delusa
Io no
C'è chi dice no
Bollicine
Vita spericolata
Albachiara
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VASCO OCEANO ROCK
Due giorni a Imola: ieri l'unico
concerto estivo del cantautore è stato il più grande
raduno italiano
IMOLA - DAL NOSTRO INVIATO
Il rombo
dell'elicottero è calato come un borbottare noioso
sulla furia dei Jesus and Mary Chain. Era il tramonto
di ieri, sabato rovente, e l'elicottero di Vasco,
ottimo a fini scenografici, era comunque l'unico
mezzo utile per piombare dentro l'immenso catino
dell'Autodromo, assediato fin dalla mattinata dalla
"sua" gente. La combriccola del Blasco, che sono
tutta gente a posto. Numerosetta, in verità: 130
mila ragazzi, quasi tutti sotto i 25 anni. Cellulari
piatti nella tasca posteriore, braghe corte, zaino
o borsa termica per le cibarie. Propensione per
le ritmiche e le emozioni forti che questo "Heineken
Jammin' Festival", primo raduno italiano davvero
di massa, prova ad offrire in un inedito dispendio
di grandiosità.
Sarà questa, la resistenza modello Anni Novanta?
Ore sul cemento, sotto un sole impietoso, ad aspettare
- cantando e chiacchierando e tirandosi i bicchieri
di plastica a migliaia, in un gioco collettivo di
bellissima improvvisazione - che cali la notte.
Come dice un poco vezzosa Fernanda Pivano, con la
sua saggezza antica: "Meglio che stiano qui a riempirsi
di canzoni, questi ragazzi. Meglio questo, o il
calcio, che non i raduni oceanici politici, con
il braccio alzato".
Con la notte è calato dunque il Vate
di Zocca. Mentre esplodevano nell'oceano di folla
le fiammelle, le braccia alzate e i boati, Vasco
è salito nell'immensa baita di tralicci metallici
che forma il palco. "Ma cosa vuoi che sia una canzone",
citava una scritta dietro di lui; e una canzone
è una roba che a volte aiuta a tirar avanti la vita,
se trovi qualcosa da cantare che in quel momento
somiglia a ciò che hai dentro. In più, Vasco non
parla e non fa prediche. Canta e ti lascia la libertà
di perderti nei fatti tuoi. Sarà anche questo il
segreto di un successo appena rivitalizzato dalle
parabole di "Canzoni per me": la prima delle quali
viene sparata in un gioco di luci spielberghiano.
Un tangaccio per chitarra acustica: "Quanti anni
hai/ stasera... Quanti me ne dai, bambina...". Gli
occhiali scuri coprono la sua tranquillità, proteggono
anche la vecchissima "Sballi ravvicinati del 3 tipo",
il cui testo sembra fotografare questa serata ("E
100.000 occhi si voltarono a guardare il cielo...").
Vasco era arrivato pomposamente e metallicamente,
al suono dell'ouverture wagneriana di "Rienzi".
Aveva alle spalle uno schermo a forma di occhio
sul quale il videoartista Burle Avant ha poi gettato
immagini secondo ispirazione. Carico come una pila
carica, nuovamente nel ruolo di apripista di un'era:
mai un artista italiano ha avuto tanto pubblico
pagante in un solo concerto. Se fossero stati solo
in 110 mila, sarebbero stati 4 miliardi e 400 milioni
d'incasso. Eh?
Un medley ha messo insieme, come
in una sola canzone di testo compiuto, cinque brani
dove ognuno si è divertito a rintracciare il preferito,
fra "Laura" e "Una canzone per te". Tante ballate
dentro le quali annegare, e tanti titoli al femminile:
quando deve parlare della parte più fragile di tutti
noi, il ragionier Rossi lo fa attraverso la figura
di una donna; non solo "Sally" ma anche "Jenny è
pazza", addirittura del '77, mai sentita in concerto
("Jenny non vuol più parlare/, non vuol più giocare/,
vorrebbe soltanto dormire...").
Dietro, un gruppo di otto elementi come una bomba
ad orologeria, perfetto nelle sue dinamiche up-to-date.
Suoni pieni e lancinanti, un'orgia di watt mugolanti
nel drum'n'bass di "Valium", una cavalcata ormonale
di batteria su "Rewind", un discutibile "Vaffa"
finale dell'assistente di Vasco su "Nessun pericolo
per te".
Dopo le ballate, l'onda dell'energia
rock è poi risalita piano, fino a "Gli Spari sopra"
e "Io no". Poi, il gran finale dei successi tipicamente
da stadio, "C'è chi dice no", "Bollicine", "Vita
Spericolata", l'immancabile e ultimativa "Albachiara"
che ha lasciato tutti esausti: non in sé, ma per
via di una giornata bombardata dal caldo, dalle
emozioni, dall'entusiasmo, dalla mortadella.
Gli arrivi massicci sotto il sole avevano convinto
nel pomeriggio gli organizzatori ad anticipare alle
3, un'ora prima del previsto, l'inizio della musica.
Fra cubiste col sedere di fuori e cibi e bottiglie
persi per il prato, era toccato ai Babyra Soul di
Jovanotti l'apertura. Musica sparata al massimo
con i Catherine Wheel, poi un set assai interessante
di Anouk, biondina sexy decisa ed energica quanto
la Morissette. Lunghe interruzioni fra i concerti,
chiusi dalla furia selvaggia dei Jesus and Mary
Chain, nonni dei nostri Prozac+.
Oggi il programma prevede, con affluenza più che
dimezzata, una prevalenza femminile, e personaggi
di maggior spicco. Senza Verve, manca però la briscola
della superstar di ieri: Blue Vertigo, Elisa, Tori
Amos, Ben Harper, Natalie Imbruglia, i Kula Shaker
chiuderanno questo Festival che ha già scritto la
sua storia con numeri da record.
Marinella Venegoni - La Stampa
21 Giugno 1998
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Centomila
voci per Vasco l'eroe
dal
nostro inviato GINO CASTALDO (la Repubblica 21 Giugno
98)
IMOLA - Come un vero deus ex machina,
Vasco arriva dall'alto, dal cielo ancora infuocato
dalla calura padana. Non la sera, come era stato
annunciato, ma già nel pomeriggio è nell'elicottero
a volteggiare sopra l'autodromo, tanto per godersi
la vista panoramica di questo immenso raduno. Da
lui fortemente voluto. E' l'eroe della giornata,
quello per cui si attraversa l'Italia con lo zaino
a tracolla, il fratello grande che ha avuto successo
e ha fatto i soldi, ma riesce ancora a interpretare,
miracoli del rock, i sentimenti di quest'oceano
di ragazzi che alla vita si stanno affacciando solo
ora. Aspettano pazienti che scenda la sera, perché
il rito, quello vero, ha bisogno della notte. Quando
finalmente arriva il buio che rende complici le
anime del rock, la scena è impressionante: è una
marea che si allunga a perdita d'occhio sui dossi
che fiancheggiano l'area e accende migliaia di piccole
luci, fiammelle colorate che stendono una tremula
aria di fiaba sulla serata. L'energia si stringe
intorno al palco, le luci costruiscono lo spazio
"magico" del concerto, e tutti puntano lo sguardo
verso il tendone nero che copre la scena.
Il sipario si anima piano piano e
compare una scritta fosforescente: "Ma cosa vuoi
che sia una canzone?". Bella domanda, sarà anche
niente, ma intanto è per un grappolo di canzoni
(due ore e mezzo appaganti di rock e tenerezza tutte
nel più puro stile Vasco Rossi) che si sono dati
appuntamento centoventimila giovani. Le prime, dopo
un'ouverture wagneriana alla "Apocalyse now" sembrano
messaggi diretti: "Quanti anni hai", una delle domande
(insieme a "da dove vieni?") che saranno state pronunciate
più volte in questa lunga giornata di accampamenti,
bivacchi, giochi nell'erba e incontri fortuiti,
e poi "Sballi ravvicinati del terzo tipo", una vecchia
canzone che non poteva non essere rispolverata per
l'occasione visto che sembra una dedica alla serata:
"E 100.000 occhi si voltarono a guardare il cielo...
con un sospiro leggero..." e infatti gli occhi di
tutti guardano in alto, sperano davvero che arrivi
l'alieno a darci una speranza in più. Non arriva,
purtroppo, ma c'è in compenso Vasco, i capelli corti,
una bandana e gli occhiali azzurro mare, con una
partenza bruciante e bei suoni di rock. Vasco è
generoso, proverbialmente, non presenta corpi di
ballo, colpi di scena, sceglie il rapporto diretto
col suo popolo. Come dire: io sono così, senza trucchi:
prendere o lasciare. Oggi scrive canzoni più personali,
ma di sicuro il suo fascino deriva da un tempo in
cui aveva saputo portare dentro le canzoni il modo
in cui realmente si parlava nelle strade (fino alla
frase "vaff... pure a te" che ha chiamato a pronunciare
sul palco il suo vecchio amico Diego). E' il capitale
che Vasco può spendere ancora oggi, anche se molto
probabilmente di come parlano oggi i ragazzi Vasco
non ne ha più la minima idea. Ma quella è la sua
storia, e alla fine l'unico vero colpo di scena
è proprio la folla che canta le sue canzoni, tutte,
vecchie e nuove, senza distinzioni. Ora che è più
maturo, più consapevole, ha voglia di presentarsi
per intero, luci e ombre, durezza e tenerezza, compreso
qualche sentimentale ripescaggio dalla preistoria
(tipo "Jenny è pazza", in assoluto la prima canzone
che ha inciso, per un 45 giri del 1977), e tiene
in pugno la platea con la sua onda lunga, le tirate
rock, e qualche sdolcinata classica melodia di maniera,
i suoi vezzi, le sue "e" aperte, e le inconfondibili
"z" emiliane. Non fa smorfie da rockstar. Saltella,
cammina come un goffo orso, e i ragazzi lo adorano.
E' abilissimo nel dosare le emozioni, nel coniugare
dolcezza e cattiveria, ritmo e melodia, ovvero il
marchio più tipico, se ne esiste uno, del rock italiano,
in particolare di questa zona.
Dopo una bordata di pezzi sostenuti, Vasco si infila
in un medley acustico fondendo insieme vecchi e
nuovi pezzi come fossero una canzone sola, poi parte
di nuovo col gruppo per ricordare la sua lunga storia:
da "Valium", "Bollicine" "Blasco", "Gli spari sopra"
alle recenti "Io no", "Rewind", "E il mattino",
ci sono tutte le canzoni che ci si può aspettare
da una serata del genere, che alla fine più che
in un festival si è risolta in un concerto, data
la preponderante presenza dell'eroe della serata,
che questo raduno lo ha fin dal primo momento voluto
e promosso. Nella seconda giornata, forse, sarà
solo un raduno, la gente rimarrà qui solo per la
voglia di esserci. Ma stasera no, tutti o quasi,
sono qui per Vasco, che canta in una scenografia
tutta di tralicci e luci, come in una sorta di tunnel
che vomita rock e unisce centomila cuori all'unisono.
Magari oggi, a scavare, le sue canzoni
non sono più quelle di una volta, non riguardano
da vicino questi ragazzi appassionati, ma a loro
basta che si tratti proprio di Vasco, quello ruvido
e non rifinito che parla semplice, che sembra sempre
e comunque autentico, che assomiglia alla gente
di cui è eroe, e che a un certo punto della sua
storia ha scritto quelli che ancora oggi sono gli
inni più credibili e sinceri alla dissennata voglia
di libertà e di anarchia che aleggiava nell'Italia
che dagli anni Settanta stava tormentosamente passando
agli Ottanta: "Vita spericolata", "Albachiara",
"Siamo solo noi", alle quali è riservata la parte
finale del concerto, quella che stende tutti, appaga
e rimanda tutti contenti a dormire nelle tende,
forse a cercare la tenerezza di una notte "diversa"
dalle altre.
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IL POPOLO DEL ROCK
Docce contro l'afa, ma svengono
in mille
G. P., DA UNO DEI NOSTRI
INVIATI - CORRIERE DELLA SERA 21 GIUGNO 98
IMOLA - All'autodromo i più arrivano
stremati. I viaggiatori del rock affrontano interminabili
ore di coda in autostrada per non mancare all'appuntamento.
Capita di conoscersi, affiancati così a lungo
in macchina. E ci si riconosce: come fan di Vasco
grazie al look di bandane, cappellini e magliette
che inneggiano a lui, il vero idolo per il quale
accorrono i 110 mila. Chi ha scelto il treno per
raggiungere la Woodstock dell'Emilia Romagna va
decisamente meglio. Si arriva più o meno puntuali
alla stazione di Bologna, ma lì bisogna prendere
il locale: spintoni, gomitate, pestate di piedi;
ci si siede uno sopra l'altro.
Quando aprono i cancelli, alle
11, sono già migliaia e migliaia i ragazzi in
pole position. Il colpo d'occhio dell'enorme palco
costruito in tre giorni e tre notti di lavoro
è una flebo di energia. Per i troppo "bevuti &
fumati" la cura, però, non vale. E alle 19 gli
svenuti sono 150. Che salgono a 1000 alla fine
della serata, con una punta massima registrata
quando sul palco appare Vasco: tutti a schiacciarvisi
sotto. Niente di grave, comunque.
Il primo giorno del festival rock
di Imola è davvero una gran festa, un trionfo
di voglia di musica, di amore, di vita. Il prato
davanti al palco e la collinetta della Rivazza
assumono le sembianze di un unico, gigantesco
corpo umano, che pulsa, che vibra, surriscaldato
dall'afa e dall'emozione.
Guardando la pista, si capisce che cos'è il movimento
perpetuo: migliaia e migliaia sono in continuo
cammino sull'asfalto che quasi si squaglia, sospinti
dalla curiosità di vedere tutto, d'incontrare
tutti, di non perdere niente di quello che la
festa offre oltre la musica, come la possibilità
di tatuarsi, di ascoltare poesie, di comperare
anellini e T-shirt, di mangiare, bere e sdocciarsi
finché non se ne può proprio più. Per vendere
più piadine e birre, c'è chi ha assunto per il
servizio ai tavoli delle cameriere che vestono
con una divisa in tanga e stivaloni di lattice.
"E' davvero fantastico, troppo
bello", dice Sonia, 22 anni, da Casalpusterlengo,
in jeans e il pezzo sopra del bikini, che fa la
doccia con la bottiglia d'acqua minerale. "Un
sogno, mai visto niente di simile", sostiene Giorgio,
33enne di Bergamo e gran frequentatore di concerti
rock. Gli fanno eco Barbara e Sergio, fidanzatini
ventenni di Cuneo: "Questa è vita. Grazie Vasco!".
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Vasco, il trionfatore
di Imola "Questa è la mia Woodstock"
"Con quegli accendini accesi
ho avuto un attimo di sbandamento: li avrei abbracciati
tutti 130 mila"
IMOLA - DAL NOSTRO INVIATO "Se la definite Woodstock
padana giuro che m'arrabbio. Semmai, chiamatela
Woodstock europea", sentenziava Vasco in preda
a comprensibile godimento. Nei camerini dell'autodromo
di Imola prestato al rock, l'altra notte si è
brindato a lungo con le bollicine e in bicchieri
di plastica. Stappava champagne il divo in persona,
circondato da musicisti e amici, promoter vecchi
e nuovi che raccontavano, ciascuno, la propria
profonda emozione, e poi telecamere e fotografi
e curiosi e raccomandati e naturalmente lo sponsor
Heineken. Una scanzonata baraonda mentre fuori,
quando le due erano ormai passate da un pezzo,
continuava l'impressionante processione in uscita
dei 130 mila che avevano ascoltato per un paio
d'ore e più il Vate di Zocca: ridendo, cantando,
accendendo fiammelle di felicità e alzando in
aria le mani ad acchiappare i loro sogni. Bastava
guardare tutti quei volti mentre la musica saliva
al cielo, per capire che il concerto di sabato
è stato soprattutto il suo concerto, il concerto
di Vasco; e tutto il resto, soltanto un piacevole
quanto interminabile prologo in attesa della sera.
Nella luce incerta della notte, i giovani che
lasciavano il campo non apparivano neanche stanchi.
Il ritorno si è consumato con altre code infinite
in autostrada e dormite rimediate sull'auto con
i vetri coperti di asciugamani. Brioches e caffè
agli autogrill hanno aiutato a resistere alla
guida fino a mattina inoltrata. 130 mila persone
ad un concerto sono un record italiano assoluto,
con il quale altri artisti vorranno prima o poi
misurarsi, in questa gara non proclamata ma feroce
che sta attraversando gli stadi d'Italia. Vasco
Rossi, però, resta un fuoripista e non solo un
apripista: lui, gli stadi li ha abbandonati da
tempo, e considera pure già conclusa l'esperienza
dell'altra sera. Così almeno ci ha confessato
nella notte nei camerini di Imola. "Con stasera
ho finito una storia. Basta. Non so cosa farò,
ma questo non lo farò più. Chissa cosa m'inventerò...".
Violando la vecchia consegna del silenzio,
prima di "Albachiara" ha parlato in concerto:
"Vi saluto e vi abbraccio tutti, perché siete
belli e siete vivi", ha detto. Ma era commosso
davvero?
"Ehi, ho un cuore anch'io. E durante ''Jenny''
e ''Sally'', con tutti quegli accendini accesi,
ho avuto un attimo di sbandamento. Poi ho sentito
che dovevo dirglielo, a quei ragazzi, che li avrei
abbracciati tutti, uno per uno".
Avete filmato il concerto. E ora?
"Sono state girate immagini in 16 millimetri.
C'è nell'aria il progetto di fare un film. Non
abbiamo Spike Lee, ma un regista straordinario,
l'australiano Nick Weekham, che ha già girato
il mio concerto di Neapolis per Mtv".
Sul palco non è mancata la polemica, quando
all'inizio il direttore di palco ha detto: "Per
motivi tecnici, siamo costretti ad informarvi
che questo concerto non è in playback". Era azzardato
cogliervi la malizia d'una punzacchiatura a Baglioni,
che a Roma ha fatto spezzoni di playback?
"Ma no, ma no... Quello di Baglioni non era mica
un concerto, era una cosa diversa. Io voglio solo
sottolineare che il live dev'essere live, e la
tv invece si può fare in playback".
Giura davvero che quest'autunno non farà neanche
due o tre date, in giro per l'Italia?
"Lo giuro... ma sulla sua testa".
Il disco nuovo?
"Ho pronte due o tre cose che mi convincono.
Ho già registrato qualcosa con Maurizio Solieri
e Massimo Riva, uscirò nel '99. Ma il mio ufficio
stampa non vuole che parli".
Mai come l'altra sera è apparso chiaro che i suoi
fans sono giovani, carini, di buon carattere,
pazienti e sorridono sempre, anche dopo ore di
fatica.
"E' gente col cuore, ma sono una minoranza purtroppo.
Vorrei davvero abbracciarli tutti, uno per uno.
Però debbo fare il duro, io. Sono una rockstar,
io".
Marinella Venegoni - La Stampa 22 Giugno
1998
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From
http://www./digilander.libero.it/axllic/concerti/200698.htm
Ore 4.30, sveglia. Inizia cosi'
una delle giornate piu' lunghe ed intense della
mia vita! Io e mio fratello Leonardo abbiamo il
treno alle 6.30 per Imola. Nonostante l'orario
il convoglio e' stracolmo di ragazzi, tutti diretti
all' Heineken Jammin' Festival, tutti festanti
e vestiti con magliette e bandane del Blasco.
L'arrivo alla stazione e' il presagio al bagno
di folla che ci sara' nel pomeriggio, impressionante,
un fiume di gente che non ha paragoni, centinaia
e migliaia di persone e fans inondano le piccole
strade del centro emiliano-romagnolo, in marcia
fino all' Autodromo "Enzo e Dino Ferrari". Il
palco e' in prossimita' della curva Rivazza e
della collinetta, prima del rettilineo box ed
e' di una grandezza senza precedenti in Italia!
La giornata e' caldissima e si passa il tempo
ascoltando i vari gruppi di supporto e ad innaffiarsi
con gli idranti. Una nota significativa per la
bella, brava e grintosissima Anouk, l'unica ad
infiammare tutto il pubblico con la canzone "Nobody's
Wife" ed altri pezzi rock. All'arrivo dei Jesus
And Mary Chain alle 20.25 il pubblico e' esausto
ed impaziente per il suo idolo, atteso alle ore
21, ed inizia una vera e propria battaglia generale
con le bottigliette di plastica, tanto che il
concerto e' interrotto piu' volte ed il gruppo
saluta urlando "Fuck Vasco"! Un trionfo da 130.000
persone, un'evento unico per il primo Festival
Rock Italiano.
Nonostante altri artisti di "richiamo"
come Anouk, Jesus and Mary Chain, Ben Harper,
Elisa, Natalie Imbruglia, Verve, appare piu' che
evidente che il pubblico e' li' per Vasco e solo
per lui. Ovunque si vedono solo magliette e bandane
del Blasco e il boato assordante che saluta il
suo ingesso in scena, cancella letteralmente quello
che si era sentito per le altre band. Il concerto
venne trasmesso in diretta da Radio2 Rai la sera
del 20 giugno. Rai1 ha poi mandato in onda un
filmato di 1 ora sul concerto, con alcuni brevi
commenti di Vasco in apertura e chiusura. Dall'evento
è stato tratto un doppio cd live contenente l'intero
concerto (escluse "gli angeli" e "il mattino")
e disponibile in copertine di 4 colori. E' stata
tratta anche una vhs (di durata inferiore al doppio
cd) con copertina gialla ed è stato pubblicato
anche il primo DVD musicale italiano con audio
Dolby Digital 5.1. La band presenta qualche novita'
rispetto al tour 1996, mentre il ruolo di chitarra
ritmica e' sempre affidato a Massimino Riva, per
il quale, purtroppo,questo sara' l'ultimo (assieme
al 1 maggio 99) bagno di folla della sua vita
prima della sua tragica scomparsa per overdose.
Vengono ripescate diverse vecchie canzoni, tutte
riarrangiate per l'occasione. "Sballi ravvicinati
del terzo tipo", addirittura mai proposta live
si "riveste" completamente di suoni ed effetti
suggestivi, di chiaro sapore Pink Floydiano. Anche
"Jenny e' Pazza", suonata prima di "Sally", quasi
a testimoniare l'ideale passaggio tra le due personalita',
viene rirarrangiata con chitarre e tastiere molto
particolari, rendendola anche piu' "stringata",
senza gli stacchi del brano originale. "Valium"
viene proposta nella versione funky del cd "rock"
mentre "ormai e' tardi" diventa molto rocckettara,
con chitarre tirate e ritmica "pesante". Bellissimo
il "medley acustico" in cui Vasco cuce una dietro
l'altra tantissime canzoni tra cui spiccano "ripescaggi"
eccellenti quali "incredibile romantica" e "una
canzone per te", accolta con grande entusiasmo
dal pubblico. Ovviamente non manca tutta la nuova
produzione,con ampio spazio per le canzoni degli
ultimi due cd. "C'e' chi dice no" suona quasi
metal con quel riff iniziale durissimo e gli stacchi
di basso e batteria in stile "metallica".. una
versione che fara' storcere il naso all'originale
creatore della canzone, Maurizio Solieri.
"Siamo solo noi", come in ogni disco
live di Vasco, non puo' mancare. La presentazione
della band e' affidata a Diego Spagnoli, con Vasco
che "ribadisce" il concetto. La descrizione fisica
di Massimino Riva nel corso della stessa, e' triste
presagio di quello che avverra' l'anno successivo.
Si chiude sulle note di "Albachiara" e Vasco saluta
con tutto il cuore il pubblico dedicando un sentito.."
a voi che siete VIVI!!" Il giorno dopo, tutti
i principali quotidiani riportano la cronaca del
trionfo,con parole di elogio sui "centomila" tutti
per Vasco e scomodano paragoni con la mitica "woodstock".
"Imola ai piedi di re Vasco" e' uno dei titoli...
Chissa' come fischieranno le orecchie a tutti
quelli che, in un lontanissimo inizio anni 80,
bollavano Vasco come un "cantante da serie B"...
Il ritorno a casa e' avventuroso, il treno speciale
parte da Imola alle 2.30, tutti sono esausti,
qualcuno canta ancora in qualche cuccetta, e finalmente
alle 5.45 rieccoci a Milano. GRAZIE VASCO!
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