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Milano - Stadio San Siro: 21-06-2007
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VASCO ROSSI TRIONFA
A SAN SIRO E CONQUISTA MILANO
Vasco Rossi finalmente ce l'ha fatta. San Siro è
caduto ai suoi piedi e Milano è sua, e lo sarà anche
venerdì sera, con un altro tutto esaurito. Più forte
della sfortuna e della tromba d'aria che gli ha impedito
di esibirsi al Jammin' Festival, più forte del limite
di 78 decibel impostogli dal Tar (ma sfidiamo chiunque
a individuare la differenza tra un brano a 78 e uno
a 80 decibel), il Blasco nazionale si è preso per
l'ennesima volta lo stadio Meazza, lo stesso in cui
iniziò la sua prima estate da trionfatore unico e
assoluto. Era il 1990 e con due soli concerti, a Milano
e Roma, il cantante si mise in testa la corona di
re del rock italiano e da allora non se l'è più tolta,
nonostante il grande successo di altri pretendenti
al trono, Ligabue su tutti. C'è ancora qualche biglietto
per la data di Bari, per il resto il tour è già tutto
esaurito e alla Milano Concerti, messa a dura prova
dall'annullamento del Jammin', tirano un sospiro di
sollievo, visto che la produzione è costata 15 milioni
di euro. Poco dopo le 20.40 Vasco, arrivato a tutta
velocità a bordo di un Suv partito da un albergo a
due passi da piazzale Lotto, sale sul palco. Basta
poco, La compagnia, l'inedita Non sopporto, si alternano
ai classici di un repertorio inarrivabile: la scaletta
del concerto è una sorta di viaggio nella carriera
di un musicista che, anche senza questa megaproduzione,
riempirebbe gli stadi con la sola forza delle sue
canzoni. Ma il palco è lì, largo 75 metri, profondo
26, circondato da sei torri altissime e corredato
di due lunghe passerelle per le scorribande di Vasco
e del fedelissimo Maurizio Solieri, che suona con
lui da una vita. Lui è in forma: anche se non ama
ostentare la cosa è professionista e professionale
fino alla mania. Dopo il concerto subito a letto,
perché il giorno dopo c'è un'altra platea da affrontare.
Per le follie, tutt'altro che abbandonate, ci sarà
tempo nei prossimi giorni. "Zitti che siamo a San
Siro!", ironizza lui, cui la storia dei decibel evidentemente
non è andata giù. La voce e gli strumenti, comunque,
si sentono forti e chiari. Peccato manchi Vita spericolata,
esclusa all'ultimo momento dalla scaletta. Gli oltre
70mila spettatori sono comunque felici, compresi Eros
Ramazzotti, Caterina Caselli, Dori Ghezzi e il magistrato
Caterina Forleo. Qualche minuto dopo Albachiara, classico
tra i classici posto in chiusura di serata, Vasco
è già nella sua stanza e se potesse parlare con tutti
quelli che c'erano gli chiederebbe solo una cosa:
"Allora?". E tutti, probabilmente, gli darebbero la
stessa risposta.
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SAN SIRO SI INCHINA ALL'OPERA
DI VASCO
MILANO - E' un tuffo al cuore l'ouverture della Cavalleria
Rusticana di Mascagni che per un attimo li zittisce
tutti e 72.500: dopo tre anni Vasco Rossi torna nella
sua San Siro e la consacra 'Scala del rock'. Alla
faccia dei comitati anti rumore dei residenti, che
fino all'ultimo hanno messo in dubbio la doppia data
milanese, la rockstar esordisce con uno "Sst", sussurra
"fate piano" e poi lo grida. E' questo il colpo di
bacchetta che dà inizio alla sua opera rock, che rispolvera
vecchi successi, che da anni mancavano nei live come
la reggaeggiante 'Voglio andare al mare', la struggente
'Anima fragile' e la dolce 'Vivere una favola', affiancati
dalla ultime hit. Il singolo dell'estate 'Basta poco'
accompagna l'entrata trionfale della rockstar e bastano
davvero pochi istanti per alzare la temperatura dell'entusiasmo
di tutto il pubblico. Tutti in piedi ad alzare le
mani e a cantare: persino la nuovissima 'La compagnia',
cover di Lucio Battisti, è già entrata nei cuori dei
fan. I labiali lo dimostrano in modo inequivocabile.
Non è la prima volta che Vasco sceglie un'ouverture
operistica: nel 2005 aprì la tourneé 'Rock sotto l'assediò
con il Don Giovanni di Mozart e al primo Jammin' Festival,
nel '97 a Imola, attacco' con il Rienzi di Wagner.
Ma il Mascagni di quest'anno, accompagnato sugli schermi
del palco dalle immagini delle eliche del Dna, è il
preludio più azzeccato al flusso di rock e adrenalina
che riempie lo stadio per quasi due ore e mezza. Il
tocco di Vasco trasforma anche le ballate più melodiche
in rock elettrificato, in una continuità quasi orchestrale:
non c'é nota stonata, non una pausa più lunga del
dovuto. E in questo grande affresco da opera rock
c'é posto anche per il punk. L'inedito 'Non sopporto'
che finirà nell'ultimo album 'Disco volante' si muove
su chitarre distorte e un ritmo ridondante, ma le
parole sono quelle del cantautore che con maturità
tiene alta la bandiera di una vita: l'epicureismo.
"Non sopporto quelli come me, quelli che si fidano
di sé... Quello che ti posso dire è che tutti dobbiamo
morire". Non sembrano passare gli anni per Vasco.
E' indiavolato mentre si dimena tra i due rami del
palco che si protende verso il prato di San Siro;
si sbarazza in fretta della giacchetta in pelle rossa
e scaglia persino ai fan il telefonino. La sua foga
riesce e riempire l'imponente palco, metafora di una
giungla metropolitana, che esplode in un delirio di
luci e bagliori nel medley che raccoglie 'Domani si
adesso no', 'La strega', 'Cosa vuoi da me', 'Delusa'
e 'Sono ancora in coma'. Il put-pourri musicale accompagna
il calar della sera e fa entrare lo spettacolo nel
vivo. Vasco spara a raffica 'Stupendo', ' Come stai',
'Sally' e nessuno riesce più a star fermo. Persino
la tribuna vip dove siedono Eros Ramazzotti, Dori
Ghezzi, Caterina Caselli e il gip Clementina Forleo,
vibra in applausi scatenati e si accende alla fiammelle
degli accendini. Per due ore si dissolvono le polemiche
che hanno accompagnato questo concerto. Solo un intrepido
striscione in curva sud ('basta poco per farli inc...
alza il volume e facci cantaré) ricorda che la fuori
c'é un quartiere che però deve essere travolto dalla
sete di rock. Quando attacca 'Vivere' il popolo di
San Siro è già stretto in un abbracci collettivo:
è il preludio del gran finale con 'Alba chiara'. Una
chiusura in grande stile che ricorda a tutti, nemmeno
servisse, che Vasco, il re degli stadi, è ormai nell'Olimpo
della musica dove non c'é distinzione tra opera e
rock.
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