Corriere
della Sera 15-06-1989
La
Stampa 15-06-1989
La
Stampa 16-06-1989
Repubblica
— 16 giugno 1989 pagina 31 sezione: MUSICA
IN VENTIMILA A DIRE 'NO' INSIEME A VASCO
ROSSI
TORINO Un tempo per entrare nel mito bisognava
sfidare mostri di fuoco, abbattere montagne, viaggiare in
luoghi ignoti. Oggi basta riempire uno stadio con un' avventura
fatta di canzoni. Comunque sia i ventimila che hanno festeggiato
il debutto del tour di Vasco Rossi allo Stadio Comunale
di Torino non hanno certo dubbi sull' essenza mitica del
personaggio: un' ovazione continua, striscioni infuocati,
urla e cori per tutto il tempo. Per loro Vasco si ama, e
non lo si discute. E se proprio vogliamo cercare qualche
radice antica nel moderno mito rappresentato dal cantautore
di Zocca, dobbiamo pensare a quel tipo di eroe antico che
riusciva ad addentrarsi nelle zone infernali e a uscirne
vivo, raccontando poi ai mortali quello che gli era capitato.
Perchè Vasco a suo modo, ed in termini squisitamente metropolitani,
all' inferno c' è andato. Ne è uscito incolume e oggi racconta
al suo giovanissimo pubblico che la libertà è un' altra
cosa, che non si trova laggiù. Il Vasco Rossi che oggi si
presenta al pubblico è rinnovato, ripulito, fresco e atletico
come un jogging fatto nelle prime ore del mattino. Il pubblico
lo ha capito e infatti è cambiato. Nella curva intasata
di gente, nelle prime caldissime file davanti al palco,
non c' era il festival dell' emarginazione, non c' erano
i segni devastati dei desperados della condizione giovanile.
Al loro posto tante facce pulite, ragazzine giovanissime,
sguardi candidi e ammaliati. Le tracce del passato rimangono
in alcuni, in uno striscione che recita: Siamo sempre noi
ricordando il più esplicito dei suoi inni del rifiuto, quello
che diceva siamo solo noi, che andiamo a letto la mattina
presto e ci svegliamo con il mal di testa, siamo solo noi,
che moriamo presto, però è lo stesso, una delle sue canzoni
più famose, e che ha cantato nella lunga coda di bis che
ha concesso alla platea impazzita. E le tracce rimangono
anche nel tono generale con cui ancora oggi Vasco Rossi
governa il suo spettacolo. Sui dischi il messaggio è cambiato,
ma dal vivo sembra che gli torni fuori quella sana bestialità,
quella maledetta anima da rocker che non vuole arrendersi,
e che gli ha ispirato intuizioni grandiose e irripetibili
come Vita spericolata. Quando compare sul palco da una pedana,
che lo porta alla luce come se venisse da qualche cavità
sotterranea, esordisce con un ghigno satanico, beffardo,
come fosse un diavoletto pronto a scatenare furie innominabili.
E subito dopo la band parte ad un volume assordante, pestando
nel più classico linguaggio rock: Muoviti, La combriccola
del Blasco, C' è chi dice no. Il pubblico salta e canta
all' unisono. Ad ascoltare una dopo l' altra vecchie e nuove
canzoni ci si rende conto che in fondo una continuità c'
è, segno che l' antico germe della disobbedienza civile
instillato a suo tempo dalle prime debordanti canzoni di
Vasco, ha comunque dato i suoi frutti. Oggi è più moderato,
più astratto, e soprattutto non si riferisce più al racconto
dettagliato, ironico e spudorato della vita che si vive
alla periferia delle morali istituzionali. E' la vita di
Vasco Rossi, del resto, che è cambiata, e i nostri cantautori
sanno bene quanto il successo possa rischiare di portarli
lontano dalla realtà che hanno in tutti i modi cercato di
cantare. Ma rimane comunque un senso generale di ribellione,
di insofferenza, che appunto stabilisce un ponte diretto
con le canzoni di qualche anno fa. E da questo punto di
vista vorrà pure dire qualcosa che queste masse di giovani,
nuovi e puliti, si riuniscano in uno stadio per urlare insieme
al loro idolo C' è chi dice no, piccola ma significativa
protesta che fa ben sperare sullo stato delle coscienze
di questi scatenati fans. Se poi il cantore di tutto questo
oggi appare più incerto, meno tassativo, meno radicato di
un tempo nella realtà che descrive, poco male. E' sempre
un punto di riferimento. E oltretutto le possibili ombre
vengono spazzate via da questa violenta carica di energia,
da questa rabbia feroce che si scatena nel concerto e che
offre luce nuova anche ai pezzi più recenti che, comunque
li si guardi, non possono essere ritenuti all' altezza di
Vita spericolata, Albachiara, Siamo solo noi e Colpa d'
Alfredo. Dal vivo il Blasco rimane il più classico esempio
di rocchettaro nostrano, puro e non compromesso, autentico
e a tratti irresistibile, un vero urlatore di bisogni primari,
di forze primordiali e travolgenti, di quelle che sono alla
base del fare musica rock a livello di stadi. Quando è sul
palco Vasco è veramente un eroe, semplice, immediato, ma
con tanto di aureola da difensore romantico di cause perdute.
Sembra quasi voler sfidare l' inerzia, il letargo, il conformismo
dei nuovi tempi. Brandisce il microfono come una spada,
ma non rinuncia mai a sembrare uno come tanti, che dice
cose che tutti possono capire e condividere. E nel concerto
tutto funziona, anche il gruppo nuovo che ha scovato dopo
che la Steve Rogers Band ha intrapreso una strada per conto
suo. La differenza non si sente granchè, e in omaggio a
questa nuova maturità del personaggio, Vasco Rossi ha deciso
di fare da padre al sempre precario rock italiano. I cancelli
del Comunale in realtà si erano aperti nelle prime ore del
pomeriggio, e fin dalle 18 il palco aveva cominciato a risuonare
di poderose schitarrate: gli Sharks, gli indomiti Skiantos
di Freakantoni che stanno tentando con un certo giustificato
orgoglio di tornare in prima linea nelle vicende musicali
italiane, e poi i Ladri di Biciclette, divertenti e caciaroni,
molto apprezzati dal pubblico perchè hanno infilato una
serie di cover molto famose, da Kid Creole ai Blues Brothers,
allietando la calura insostenibile. Un preludio molto carino
che ha riscaldato l' atmosfera per la sera, quando finalmente
il palco si è acceso per l' arrivo del protagonista. - Gino
Castaldo di GINO CASTALDO
L'Unita
15-06-1989
La
Stampa 14-06-1989
Concert
note / Curiosita concerto
Source/fonte: "Vasco Rossi...e
poi, voi" - Francesco Corbetta
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